Una mattina di queste il copywriter si sveglia con un cerchio alla testa.
Saranno state le ore piccole, la deadline di una consegna ancora senza idea o i postumi dell’incubo notturno: l’occhio del supercomputer HAL 9000 di Odissea dello Spazio lo osserva sul frigo della cucina di casa, mentre intrattiene un’amabile conversazione con Italo Calvino – sì, lui, anche se ha le sembianze di zio Luigi – il solito plot surreale dei sogni – che spiega come “un elaboratore debitamente programmato può leggere un romanzo in pochi minuti e registrare la lista di tutti i vocaboli contenuti nel testo, in ordine di frequenza”.
Sarà stata la cena non proprio digeribile o tutto questo gran parlare di ChatGPT e dell’intelligenza artificiale, diventati trend topic nel mainstream dei comunicatori…Sarà mica che l’amico Chat, così bravo a conversare e rispondere con sicurezza artificiale a quesiti in linguaggio naturale, si prepara a rubargli il lavoro?
Oddio, chi pagherà le bollette di casa, quando basterà chiedere a Chat o ai suoi nuovi amici – verso i quali si stanno indirizzando milioni di investimenti – di redigere i testi del sito, del post, del blog e le parole compariranno da sé, riga dopo riga sullo schermo, con il cursore che corre a velocità di lettura?
Non lo consola affatto condividere la sorte con avvocati, giornalisti, programmatori e tanti lavoratori qualificati che si sono svegliati con lo stesso cerchio alla testa. Tanti blue collars che si vedono già impiccati dall’intelligenza artificiale, temibile competitor.
Ma sarà davvero così?
Ad essere sinceri, all’amico Chat mancano ancora un po’ di competenze indispensabili al copywriter: sapere a chi parla, per esempio, avere un’opinione, costruire o riconoscere il sentiment di un testo, avere una strategia di comunicazione basata sull’unicità del brand… Bisogna riconoscere a Chat che è bravino con i testi informativi, prevedibili e un po’ piatti. Tremino pure i content writer scribacchini, ma sarà strumento e non killer per coloro che sono abituati a plasmare i testi, a intingere il pennino nelle idee, nell’originalità e nell’esperienza della comunicazione.
Creatività e istinto umani non sono replicabili.
Lo diceva anche Picasso che, in fondo, i computer sono inutili. Possono solo dare risposte.
E così provvisoriamente consolato, il nostro copywriter addenta la sua fetta biscottata, mentre guarda Chat sullo schermo del MacAir rispondere alla domanda: “Chat GPT sostituirà il copywriter?”
“Non necessariamente. Anche se ChatGPT e altri modelli di lingua artificiale sono in grado di generare contenuti testuali molto convincenti e sofisticati, ci sono ancora alcune aree in cui i copywriter umani potrebbero essere preferiti.
Innanzitutto, i copywriter umani sono in grado di comprendere le sottigliezze della lingua e della cultura umana in modo più accurato e intuitivo rispetto a un modello di lingua artificiale. Ciò significa che possono creare messaggi pubblicitari, contenuti di marketing e testi promozionali che sono più pertinenti e coinvolgenti per un pubblico umano specifico.
Inoltre, i copywriter umani sono in grado di offrire una visione creativa e un’esperienza che può essere difficile da replicare con un modello di lingua artificiale. Ciò significa che possono generare idee fresche, originali e innovative che possono distinguere un marchio o un’azienda rispetto ai suoi concorrenti.
Detto questo, è possibile che ChatGPT e altri modelli di lingua artificiale siano in grado di sostituire i copywriter in alcune aree del lavoro. Ad esempio, potrebbero essere utilizzati per generare contenuti di basso livello per siti web, chatbot, risposte automatiche e così via. Tuttavia, è probabile che ci sarà sempre una richiesta per i copywriter umani per i progetti che richiedono un’esperienza creativa e una capacità di comprensione umana più profonda”.
E siamo d’accordo sul contenuto, ma sul copy storytelling, “Uomo vs Chat: 1-0”